Efficacia e natura del divieto contenuto nel regolamento condominiale di adibire appartamenti a Bed and Breakfast

La Corte di Cassazione si è interrogata circa l'opponibilità, efficacia e natura del divieto contenuto nel regolamento condominiale di adibire appartamenti a Bed and Breakfast.

In particolare, la Suprema Corte, con sentenza della Sez. Civile II  n. 21024/2016 ha ribadito il concetto secondo cui il regolamento predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, ove accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente trascritto begli appositi registri immobiliari, assume carattere convenzionale e vincola tutti i successivi acquirenti anche con riferimento alle clausole che restringono i poteri e le facoltà dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive. E ciò in quanto si viene a costituire su quest'ultime una servitù reciproca . Principio già enunciato ex pluris in Cass. n3749/99; conforme Cass. n. 14898/13, con riferimento ad un supercondominio).

In sostanza ritiene il Collegio, nel risolvere la questione sottoposta al proprio esame, che, in materia di regolamento condominiale convenzionale, la previsione nella stessa contenuta, che prescrive limiti alle proprietà esclusive, deve essere ricondotta alla categoria delle servitù atipiche e non delle obligationes propter rem, in quanto incide proprio sull'esercizio del diritto di ciascun condomino .

Ricondotta alla servitù, l'opponibilità ai terzi acquirenti dei limiti alla destinazione delle proprietà esclusive in ambito condominiale va regolata secondo le norme proprie di questa, e, pertanto, avendo cura della trascrizione del relativo peso, indicando nella nota di trascrizione, ai sensi degli artt. 2659, primo comma, n. 2 e 2665 c.c, le specifiche clausole limitative, non essendo invece sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale.

La sentenza della Cass. Civile , Sez. II n.21024 del 18/10/2016 è rintracciabile a questo indirizzo:

Uso della cosa comune: illegittima la modifica del terrazzo condominiale ad uso esclusivo

Con sentenza n. 23243 del 15 novembre 2016 la Sezione II della Corte di Cassazione si pronuncia in merito alla portata dell'art. 1102 c.c. in tema di uso esclusivo della cosa comune in condominio.

Nello specifico, la Corte è chiamata a risolvere la questione della sussistenza della facoltà per il condomino dell'ultimo piano di un edificio condominiale, di costruire sul tetto dell'edificio stesso una "altana" (denominata anche "belvedere"), manufatto tipico veneziano, consistente in una piattaforma o loggetta realizzata nella parte più elevata di un edificio (alla quale si accede, in genere, dall'abbaino) che, in alcuni casi, può anche sostituire il tetto e che, a differenza delle terrazze e dei balconi, non sporge, di norma, rispetto al corpo principale dell'edificio di pertinenza.

In primo luogo, la Corte ricorda che per giurisprudenza consolidata sono legittimi, ai sensi dell'art. 1102 c.c., sia l'utilizzazione della cosa comune da parte del singolo condomino con modalità particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione, purché nel rispetto delle concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri condomini, sia l'uso più intenso della cosa, purché non sia alterato il rapporto di equilibrio tra tutti i comproprietari, dovendosi a tal fine avere riguardo all'uso potenziale in relazione ai diritti di ciascuno.

Per converso, deve qualificarsi illegittima la trasformazione - anche solo di una parte - del tetto dell'edificio in terrazza ad uso esclusivo del singolo condomino, risultando in tal modo alterata la originaria destinazione della cosa comune, sottratta all'utilizzazione da parte degli altri condomini.

In applicazione di tale ultimo principio, ricordando che il manufatto in questione non costituisce nuova fabbrica in sopraelevazione agli effetti dell'art. 1127 c.c. quanto piuttosto modifica della situazione preesistente, attuata attraverso una diversa ed esclusiva utilizzazione di una parte del tetto comune, il Collegio sconfessa la Corte territoriale e accoglie il ricorso di altro condomino teso a far valere la violazione dell'art. 1102 c.c.

In altre parole, conclude la Corte, qualora il proprietario dell'ultimo piano di un edificio condominiale provveda a modificare una parte del tetto trasformandola in terrazza (od occupandola con altra struttura equivalente od omologa) a proprio uso esclusivo, tale modifica è da ritenere illecita, non potendo essere invocato l'art. 1102 c.c., poiché non si è in presenza di una modifica finalizzata al miglior godimento della cosa comune, bensì all'appropriazione di una parte di questa, che viene definitivamente sottratta ad ogni possibilità di futuro godimento da parte degli altri, senza che possa assumere rilievo il fatto che la parte di tetto sostituita od occupata permanentemente continui a svolgere la funzione di copertura dell'immobile.

La sentenza della Sezione II della Corte di Cassazione, n. 23243 del 15 novembre 2016 è rintracciabile a questo indirizzo.
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