Immissioni intollerabili e natura probatoria della CTU

Con sentenza 7 settembre 2016, n. 17685 la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, si pronuncia sulla natura probatoria della CTU, ribadendo che non rientra tra i mezzi di prova, ma che il suo esperimento è doveroso quando si tratta di situazioni di fatto rilevabili solo con ricorso a determinate cognizioni tecniche.

Un soggetto cita in giudizio il vicino, che esercita l'attività di sfasciacarrozze, chiedendo la cessazione delle immissioni di rumore, fumi e vibrazioni provenienti dal suo fondo, oltre al risarcimento dei danni patiti in ragione di tali immissioni.

La causa viene istruita mediante deposizioni testimoniali e produzione di documentazione amministrativa, mentre la CTU richiesta dall'attore non viene ammessa.

Le domande dell'attore vengono respinte dal giudice di primo grado, che non ritiene provato il superamento dei limiti di tollerabilità delle immissioni né il nesso di causalità tra immissioni e danni lamentati.

La Corte d'Appello di Venezia, avanti la quale viene impugnata la sentenza, ne conferma il contenuto, con particolare riguardo alla mancata ammissione della CTU, sulla considerazione che la consulenza tecnica non è mezzo istruttorio ed è pertanto utilizzabile solo laddove la parte abbia assolto il proprio onere probatorio.

Sulla questione interviene la Corte di Cassazione, che cassa la sentenza di secondo grado e rimette la cognizione della causa alla Corte d'Appello di Trento.

La Suprema Corte ricorda che la consulenza tecnica non è di regola mezzo di prova, ma, contrariamente a quanto sostenuto dal collegio veneto, è sempre mezzo istruttorio e in casi come quello di cui è causa è doverosa.

"La consulenza tecnica può assurgere al rango di fonte oggettiva di prova quando si risolva in uno strumento da accertamento di situazioni rilevabili solo con ricorso a determinate cognizioni tecniche".

La motivazione della sentenza di secondo grado, sostiene la Cassazione, è manifestamente insufficiente e contraddittoria, in quanto riconosce la gravità della situazione (danni materiali agli immobili e patologie cliniche) ma omette qualsiasi "sforzo conoscitivo e valutativo appropriati, mediante opportuno uso delle presunzioni e dei mezzi istruttori che siano nella disponibilità del giudice".

Ha pertanto carattere di motivazione apparente quella del giudice che "eluda la decisione di merito", ossia rifiuti di procedere all'accertamento oggettivo dei fatti denunciati e del nesso eziologico tra questi e i danni allegati, negando la richiesta CTU sulla base del mancato assolvimento dell'onere della prova in un caso in cui il "conforto specialistico" è indispensabile.

La sentenza 7 settembre 2016, n. 17685 della Corte di Cassazione, seconda sezione civile, è rintracciabile a questo indirizzo.



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